Avere dei battiti cardiaci accelerati o rallentati può essere la spia di un malfunzionamento dell’organismo. Certo, a volte si verificano cause contingenti che possono in qualche modo influire in tal senso, ma non è di questo che vogliamo occuparci adesso.
Ma quando bisogna preoccuparsi per i battiti cardiaci alti o bassi? Quali sono i valori standard ed i consigli che si possono dare a chi riscontra spesso delle anomalie in tal senso? Vediamo insieme.
Un segnale da non sottovalutare
Un diverso ritmo delle pulsazioni cardiache è un segnale che, in assenza delle cause contingenti di cui sopra, non deve mai essere ignorato: il corpo sta chiedendo aiuto e voi, per mantenervi in salute e soprattutto vivi per molti anni ancora, dovete prestare orecchio alle sue richieste.
I problemi cardiovascolari o la combinazione di battiti accelerati e pressione bassa oppure ancora eccessivamente alta, possono infatti avere su un corpo effetti letali e comunque poco piacevoli. Dato che un po’ di sana prevenzione può in questi casi rappresentare l’unico modo per evitare conseguenze più gravi (infarto su tutti, ma anche patologie debilitanti quali l’ictus o l’ischemia), la prima cosa che bisognerebbe fare è conoscere i valori dei battiti cardiaci al minuto generalmente compiuti dal vostro cuore nonché quelli relativi alla pressione sanguigna.
Dovrete raccogliere svariate misurazioni ed in momenti diversi della giornata per poter ottenere delle cifre di media a cui far riferimento. Sulla scorta dei risultati ottenuti poi si valuterà il da farsi.
Pressione sanguigna alta: cosa c’è da sapere?
La pressione sanguigna è la forza che il sangue in circolo esercita sulle vene e sulle arterie per scorrere e defluire lungo tutto il corpo. Essa equivale al rapporto tra la pressione sistolica (ossia il valore registrato nelle arterie quando il cuore si contrae) e diastolica (ossia quello rilevato nel momento in cui il muscolo cardiaco viene irrorato di sangue, momento che si verifica puntualmente tra una pulsazione e l’altra). Tanto la sistolica quanto la diastolica vengono in genere considerate pressioni arteriose.
Secondo quanto afferma il Ministero della Salute, parametri normali variano tra valori sottostanti ad 80 e 120 (minima/massima). Uno stato di pre-ipertensione invece viene facilmente individuato da valori oscillanti tra 80/89 di minima e 120/139 di massima.
L’ipertensione può essere di primo stadio se contempla valori compresi tra i 90/99 di minima ed i 140/159 di massima. Tali valori sono destinati a salire ulteriormente nel caso del raggiungimento del secondo stadio (100/160 o più secondo un rapporto minima/massima).
Si ha a che fare con ipertensione sistolica isolata invece quando i valori raggiungono una soglia inferiore al 90 per la minima e maggiore o uguale ai 140 per la massima. La crisi ipertensiva infine si verifica nel caso in cui i valori oscillino tra 110/180 (minima e massima).
Detto ciò, è importante sapere che un regolare controllo della pressione arteriosa andrebbe eseguito spesso già in giovane età (dai 20 anni in su per intenderci). Tali valori possono variare chiaramente in relazione al contesto in cui vengono effettuate le misurazioni (da qui l’idea di fare una media tra le diverse rilevazioni). Si tenga presente ad esempio che un semplice cambio di postura può significare abbassare o innalzare i suddetti parametri.
In ogni caso la pressione sanguigna dovrebbe essere sempre compresa tra 120/80 mmHg. Va da sé infine che, proprio per quanto affermato in precedenza, un singolo valore fuori scala non deve causare allarme ingiustificato. Quando però la media si attesta su parametri compresi tra 140/90, in relazione anche all’età del paziente, potrebbe rivelarsi fondamentale eseguire una terapia mirata.
Pressione alta: come intervenire
La pressione alta può essere causata da uno o più fattori concomitanti. Essa infatti può derivare da cause genetiche, vita sedentaria, obesità e regimi alimentari non proprio salutari.
In caso di ipertensione conclamata, ovviamente, è necessario intervenire sulle cause scatenanti trattabili (per l’ereditarietà chiaramente c’è poco da fare). In genere il medico vi raccomanderà, al fine di ridurre la pressione alta, di consumare cibi ricchi di omega 3 (quindi pesce azzurro, semi di lino, soia e quant’altro), magnesio (minerale presente in maniera particolare nei prodotti vegetali e soprattutto nei cereali integrali), acido oleico od Omega 9 (oli vegetali) e potassio (frutta fresca).
Un altro buon suggerimento è quello di dedicarsi quotidianamente ad attività motorie, soprattutto aerobiche, quali la camminata veloce, la corsa o ancora il nuoto, e di considerare l’assunzione di diuretici ed integratori alimentari di omega 3.
Pressione sanguigna bassa: cosa c’è da sapere?
Innanzitutto che, tra i due eccessi, quello che tende verso il basso è il meno preoccupante. Per pressione bassa si intendono valori compresi tra 90/60 mmHg. Anche in questo caso tale condizione può dipendere da un retaggio genetico, dall’assidua pratica di attività fisica, dall’assunzione di farmaci particolari o da uno stato di gravidanza più o meno avanzato.
L’ipotensione diventa pericolosa quando i valori si attestano sui 50/33 o inferiori. In questi casi è necessario ancora una volta intervenire sull’alimentazione ingerendo un pezzetto di grana, qualche fetta di prosciutto crudo, facendo uso di integratori di sali minerali, mangiando frutta ed ortaggi specifici (p.es. banane, zucchine, spinaci, mandorle, ecc.) e prendendo l’abitudine di bere quotidianamente una tazzina di caffè al miele.
Battiti cardiaci: le aritmie ed i valori normali
La frequenza cardiaca è il quantitativo di battiti che il cuore compie in una sessantina di secondi. Dalla misurazione di questo valore è possibile intuire il generale stato di salute di un organismo.
Un adulto, in condizione di riposo, dovrebbe riportare parametri compresi tra i 70 bpm (uomini) ed i 75 bpm (donne). Per quanto riguarda i neonati, essi oscillano tra i 90 ed i 180 battiti per minuto. Tali valori nei bambini passano ad 80/100, negli adolescenti a 70/120 e negli adulti a 60/90.
I valori relativi alla frequenza cardiaca a riposo come si può facilmente riscontrare, variano notevolmente in relazione all’età e alla corporatura media dell’individuo.
Per stabilire il valore massimo che il cuore può raggiungere è necessario effettuare una specifica prova sotto sforzo. Tale valore, oltre che da misurazioni empiriche, può essere ricavato mediante l’applicazione della cosiddetta Formula di Cooper (FC max =220 – variabile anagrafica o, in alternativa ed in maniera più precisa, FC max =208 – variabile anagrafica x 0,7).