Coppia

Le cause dell’infertilità da record in Italia e i rimedi per le coppie che vogliono un figlio

L’Italia è un paese a crescita zero. Questa affermazione rimbomba ormai sempre più spesso da un canale all’altro della TV e, purtroppo, più o meno indirettamente abbiamo avuto tutti modo di verificarla.

Sono in pochi infatti gli uomini e le donne in età fertile che scelgono consapevolmente di mettere al mondo un bambino, sono tantissimi quelli che vorrebbero ma purtroppo non ci riescono.

Per chiarire i termini della questione, abbiamo deciso di affidarci alle percentuali rese note dalla Clinica PMA Alma Res che ha tra l’altro pubblicato anche una pratica infografica volta a gettare luce sulle cause che hanno determinato in Italia questo brusco calo della natalità.

L’infertilità in Italia: raggiunte cifre record

Non è passato poi molto tempo da quando le famiglie italiane, soprattutto quelle meridionali, si componevano di padre, madre e di una discreta nidiata di figli. Si era in tanti e, nonostante le condizioni economiche non fossero delle migliori, si decideva di fare comunque dei bambini.

Adesso non è più così. Tale stravolgimento, oltre che a cause contingenti che non analizzeremo in questa sede, si deve al crescente numero di persone affette da sterilità. Il fenomeno, soprattutto in questi ultimi anni, sembra dilagare ed ha portato nello scorso 2017 alla nascita di sole 464 mila nuove vite, cifra da record storico negativo per il Bel Paese.

L’infertilità: cos’è e da cosa dipende

L’OMS ha definito ufficialmente infertilità come la mancata capacità di procreare nonostante si siano effettuati parecchi tentativi mirati (quindi basandosi ad esempio sull’individuazione dei giorni più fertili, seguendo una dieta sana, ecc.) per un periodo compreso tra i 12 ed i 24 mesi.

Essa, almeno per quanto riguarda le donne, dipende essenzialmente dall’assenza di una buona riserva ovarica, dalla condizione generale delle tube, da problemi ormonali, dal cosiddetto fattore multiplo femminile, da patologie quali l’endometriosi e dalla tendenza all’aborto naturale.

L’infertilità maschile invece si deve all’inquinamento e ad abitudini alimentari scorrette così come alla tendenza a far ampio ricorso ad alcolici e al fumo.

Le cause del calo demografico

Una delle ragioni scatenanti del fenomeno è la tarda età a cui si raggiunge quel minimo di stabilità economica e sentimentale che invoglia le coppie a procreare. Non a caso il numero di nascite all’interno del matrimonio, insomma quelle che hanno contraddistinto la famiglia tipo di una volta, si sono ridotte drasticamente di circa 132 mila unità, mentre quelle derivanti da rapporti non suggellati da un’unione legale o religiosa hanno subito un’impennata (quasi il 30% delle nuove nascite avviene in contesti genitoriali del genere).

Il momento del parto poi arriva mediamente intorno ai 32 anni (si tratta purtroppo della media più alta di tutta Europa), una fase della vita in cui le probabilità di rimanere nuovamente incinta cominciano a diminuire. Tra l’altro a diminuire sono anche i tempi a disposizione per mettere in cantiere un figlio: se prima si diventava genitori già durante l’adolescenza, adesso si hanno a disposizione meno occasioni di restare incinta.

I dati appena esposti sono davvero allarmanti, soprattutto se si considera che per evitare di andare incontro a un decremento della popolazione sarebbe auspicabile assistere alla nascita di 2,1 figli per coppia. In Italia, il paese che come già accennato attualmente ha i livelli di la natalità più bassi d’Europa, la media è di 1,34 bambini per donna, mentre in Francia, al momento il paese più fertile del vecchio continente, si aggira su valori pari ad 1,92 figli per donna: un vero e proprio abisso!

Una possibile soluzione

Dato che, soprattutto con il passare degli anni, la capacità di procreare comincia a venir meno, è possibile ricorrere a delle cure PMA, ossia a dei trattamenti mirati ad innalzare i livelli di fertilità maschili e femminili.

Certo, anche in questo caso non c’è niente di assicurato: l’età a cui si pensa di sottoporsi al trattamento e le caratteristiche organiche dei vari individui costituiscono in tal senso delle grosse discriminanti da tenere sempre in considerazione. Insomma: se si ricorre ad una fecondazione eterologa o omologa oltre i 35 anni di età, le possibilità di avere successo sono pari a circa il 31% (percentuale destinata ad abbassarsi ulteriormente andando avanti nel tempo), al 45% invece se si è di qualche anno più giovani.

Altro dato significativo in tal senso è il tempo di attesa previsto prima di poter effettuare una fecondazione: se si desidera procedere avvalendosi del supporto di strutture pubbliche infatti non è raro dover aspettare anche un anno prima di avviare le procedure.

Chiaramente in tal senso sono più efficienti le strutture private che daranno modo ai pazienti di effettuare il primo tentativo già nell’arco dei primi tre mesi dalla data di completamento degli esami preliminari richiesti.

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